mercoledì 31 marzo 2004

Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita di Benedetta Tobagi



Il 28 maggio 1974, in piazza della Loggia a Brescia, nel corso di una manifestazione antifascista, esplode una bomba che uccide otto persone fra cui Livia, un'insegnante di italiano che ama la poesia. Insieme a queste esistenze, scompare un mondo intero; il mondo prima del 1974, un anno che marca un punto di svolta per l'Italia e non solo. Dopo, niente e nessuno sarà mai piú uguale. Benedetta Tobagi ci conduce in un viaggio dentro i misteri recenti della vita italiana, per cercare di vedere anche al di là di una verità sempre incompleta e per fare in modo che una strage impunita non si riduca semplicemente a un luogo e a una data.




Benedetta Tobagi è nata a Milano nel 1977. Laureata in filosofia, ha lavorato nellaproduzione audiovisiva, collabora con giornali e case editrici e si dedica a studi storici. Sviluppa iniziative culturali e progetti didattici insieme a centri di documentazione e associazioni per la memoria del terrorismo. Per Einaudi ha pubblicato Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre (2009 e 2011) e Una stella incoronata di buio (2013).

 
Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo; Livia studia per diventare insegnante. Quando si incontrano e si innamorano, decidono di condividere tutto: leggono e studiano insieme, insieme discutono di politica, viaggiano, ridono, lottano. Anche la mattina del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, sono insieme. Per puro caso, però, quando la bomba scoppia, Manlio sopravvive. Livia no. Livia muore con i loro migliori amici, Clem e Alberto, anche loro insegnanti, anche loro giovani impegnati in politica. Perdono la vita altre cinque persone, «non vittime, ma caduti consapevoli» che quella mattina di pioggia si ritrovano in piazza per il loro impegno antifascista. Da quel giorno, per Manlio Milani inizia una seconda vita tra aule di tribunali, aspettando una giustizia che non è mai arrivata, collezionando frammenti di una verità sempre incompleta. Benedetta Tobagi (il cui padre è stato ucciso il 28 maggio 1980, esattamente sei anni dopo la strage di Brescia) decide di sedersi accanto a Manlio, per provare, udienza dopo udienza, a raccontare la sua storia e quella di chi, come lui, ha vissuto quell'intensa stagione di lotte politiche e di risate, di discussioni estenuanti e di scioperi, di serate fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di golpe. Di paura e speranze. E quando trentasei anni dopo ascolta con Manlio l'ennesima sentenza di assoluzione: «Tutti assolti per non aver commesso il fatto», capisce cosa vuol dire provare rabbia e impotenza verso chi ha nascosto e manipolato la verità. Con sguardo lucido e partecipe, l'autrice compie un viaggio nei misteri recenti della storia italiana, rivisitando il capitolo rimosso della violenza neofascista, pronta, ancora una volta, a cercare di capire cosa furono quegli anni e a fare in modo che una strage non si riduca semplicemente a un luogo e una cifra: il numero dei morti. Una strage è l'incontro con il male. Necessario è dunque continuare a interrogarsi su come è possibile sopravvivere alla ferita dell'ingiustizia che si somma alla violenza, e al senso di colpa che tormenta, paradossalmente, i sopravvissuti ma non i carnefici.

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«Occupiamo come abusivi uno spazio pieno di assenza. L'orologio col vetro rotto si ferma, mentre altre lancette continuano a segnare il tempo. Tu vivi ancora - lui, lei, loro no. Dopo, nel fondo piú oscuro, infiniti sensi di colpa. Colpa di esistere».

Il tempo è diverso, per i sopravvissuti. Il presente è sempre un dopo.
La violenza – inaudita, insensata, improvvisa – spezza l’ordine naturale delle cose. Quando c’è la morte non ci siamo noi, diceva il filosofo. Fin quando non accade accanto a te, oppure qualcuno prova a distruggerti, o, addirittura, entrambe le cose. Dopo, la morte siede al tavolo e non si alza piú.
Il sopravvissuto abita un mondo retto da una teoria della relatività speciale. Il tempo della distruzione è per sempre adesso, il resto è dopo. Dopo non sarà mai piú come prima. Un mondo governato dalle logiche non classiche degli incubi è accaduto
dunque accadrà ancora – o del senso di colpa – potevo evitarlo, potevo salvarti, potevo... È lungo e periglioso il viaggio per tornare nell’universo governato dall’ordine apollineo delle vere catene causali. Se pure riesci a tornarci da sveglio, se riesci a tornare a dormire, ecco, non sei al sicuro nel mondo dei sogni.
La superficie dell’anima è un vaso ricomposto dai cocci.
Per quanto accurato il lavoro di ricostruzione, passandoci il dito senti la traccia di crepe invisibili, le irregolarità dei punti di sutura che fanno male nei giorni di pioggia. Il sopravvissuto le nasconde con molta cura. Talvolta persino a se stesso.
Il dopo è sapere l’orrore creato da mani umane.
Da chi?
Perché?
il sopravvissuto ha bisogno di saperlo. Domande antiche si levano contro il cielo, sempre le stesse, sin dalle pagine dei Salmi.
Perché il malvagio prospera e l’innocente è ucciso?
Perché il male? Perché?
Solo la verità può ristabilire un ordine nelle cose, dove il senso è stato distrutto.
Il sopravvissuto abita il tempo negato a un altro essere
umano. Dopo, custodisce in segreto domande impronunciabili.
Perché sono vivo? Perché lui, lei, loro, e non io? Perché io?
Occupiamo come abusivi uno spazio pieno di assenza.
L’orologio col vetro rotto si ferma, mentre altre lancette continuano a segnare il tempo. Tu vivi ancora lui, lei, loro no. Dopo, nel fondo piú oscuro, infiniti sensi di colpa. Colpa di esistere.
È accaduto a te. Ma è successo anche a qualcun altro.
28 maggio. Piove. Un giornalista esce di casa per andare a lavorare. Cammina verso la sua macchina. Alle 11:10 i terroristi gli sparano. Morte improvvisa, insensata, una bomba nel cosmo della bambina di tre anni che gira l’angolo, arriva e vede un fiore rosso aprirsi sotto la testa del padre. Un mondo finisce, comincia il dopo.
Condensazione e spostamento, sei anni indietro.
28 maggio. Piove. Un’ora prima e due minuti dopo i colpi di pistola, una bomba scoppia e uccide all’istante sei persone, poi altre due. Una giovane donna muore mentre un uomo di trentasei anni, suo marito, a pochi passi da lei, sta per
raggiungerla.
Sono qui, vieni!
sembrano dirgli i suoi occhi mentre lo saluta con la mano. La vede sparire nel fumo. Un mondo finisce, comincia il dopo. Siamo testimoni. Siamo legati tra noi e dalla storia, dal nesso che connette ogni strage impunita agli omicidi brigatisti, ma ancor piú dal mistero di una coincidenza che bussa insistente alla porta.

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