Carlo Collodi, all'anagrafe Carlo Lorenzini
(Firenze, 24 novembre 1826 – Firenze, 26 ottobre 1890 )
Mentre
Pinocchio nuotava alla svelta per raggiungere la spiaggia, si accorse che il
suo babbo, il quale gli stava a cavalluccio sulle spalle e aveva le gambe mezze
nell'acqua, tremava fitto fitto, come se al pover'uomo gli battesse la febbre
terzana.
Tremava
di freddo o di paura? Chi lo sa? Forse un po' dell'uno e un po' dell'altro. Ma
Pinocchio, credendo che quel tremito fosse di paura, gli disse per confortarlo:
-
Coraggio babbo! Fra pochi minuti arriveremo a terra e saremo salvi.
-
Ma dov'è questa spiaggia benedetta? - domandò il vecchietto diventando sempre
più inquieto, e appuntando gli occhi, come fanno i sarti quando infilano l'ago.
- Eccomi qui, che guardo da tutte le parti, e non vedo altro che cielo e mare.
-
Ma io vedo anche la spiaggia, - disse il burattino. - Per vostra regola io sono
come i gatti: ci vedo meglio di notte che di giorno.
Il
povero Pinocchio faceva finta di essere di buonumore: ma invece... Invece
cominciava a scoraggiarsi: le forze gli scemavano, il suo respiro diventava
grosso e affannoso... insomma non ne poteva più, la spiaggia era sempre
lontana.
Nuotò
finché ebbe fiato: poi si voltò col capo verso Geppetto, e disse con parole
interrotte:
-
Babbo mio, aiutatemi... perché io muoio! E il padre e il figliuolo erano oramai
sul punto di affogare, quando udirono una voce di chitarra scordata che disse:
-
Chi è che muore?
-
Sono io e il mio povero babbo!...
-
Questa voce la riconosco! Tu sei Pinocchio!...
-
Preciso: e tu?
-
Io sono il Tonno, il tuo compagno di prigionia in corpo al Pesce-cane.
-
E come hai fatto a scappare?
-
Ho imitato il tuo esempio. Tu sei quello che mi hai insegnato la strada, e dopo
te, sono fuggito anch'io.
-
Tonno mio, tu capiti proprio a tempo! Ti prego per l'amor che porti ai Tonnini
tuoi figliuoli: aiutaci, o siamo perduti.
-
Volentieri e con tutto il cuore. Attaccatevi tutt'e due alla mia coda, e
lasciatevi guidare. In quattro minuti vi condurrò alla riva.
Geppetto
e Pinocchio, come potete immaginarvelo accettarono subito l'invito: ma invece
di attaccarsi alla coda, giudicarono più comodo di mettersi addirittura a
sedere sulla groppa del Tonno.
-
Siamo troppo pesi?... - gli domandò Pinocchio.
-
Pesi? Neanche per ombra; mi par di avere addosso due gusci di conchiglia, -
rispose il Tonno, il quale era di una corporatura così grossa e robusta, da
parere un vitello di due anni.
Giunti
alla riva, Pinocchio saltò a terra il primo, per aiutare il suo babbo a fare
altrettanto; poi si voltò al Tonno, e con voce commossa gli disse:
-
Amico mio, tu hai salvato il mio babbo! Dunque non ho parole per ringraziarti
abbastanza! Permetti almeno che ti dia un bacio in segno di riconoscenza
eterna!...
Il
Tonno cacciò il muso fuori dall'acqua, e Pinocchio, piegandosi coi ginocchi a
terra, gli posò un affettuosissimo bacio sulla bocca. A questo tratto di
spontanea e vivissima tenerezza, il povero Tonno, che non c'era avvezzo, si
sentì talmente commosso, che vergognandosi a farsi veder piangere come un
bambino, ricacciò il capo sott'acqua e sparì.
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