martedì 1 maggio 2012

Il lupo e la luna di Pietrangelo Buttafuoco

Proposta di lettura di Riccardo B.

Pietrangelo Buttafuoco è autore di Fogli consanguinei (Ar, 2001), Le Uova del Drago (Mondadori, 2005), L’Ultima del Diavolo (Mondadori, 2008), Cabaret Voltaire (Bompiani, 2008) e Fimmini (Mondadori, 2009).

La Turchia non è mai stata così vicina all’Italia


Il  Lupo e la Luna, 210 pagine di emozioni, 210 facciate di avventure, incontri e scontri in un’atmosfera orientaleggiante, che ricorda le radici della stessa terra natia dell’autore, la Sicilia.
Nel libro vengono narrate le imprese di Scipione Cicala, comandante della flotta di pirati più temuta del Mediterraneo.
Scipione, figlio di Visconte Cicala e Donna Lucrezia, è nato e vissuto a Messina fino all’età di 12 anni, quando rapito da Dargut, si ritrova fra le fila dei Giannizzeri, il corpo speciale del sultano Ottomano.
Il libro emoziona e coinvolge, anche grazie alla particolare struttura del testo stesso, l’autore infatti ha voluto proporre una summa di racconti, quei racconti che ricordano “ I Cunti ”, tipici componimenti del sud, narrati oralmente per le vie e le piazze.
La grandezza dell’autore è stata di aver composto un libro che, pur contenendo riferimenti storici e metafore filosofiche, si presta alla comprensione di chiunque, filosofi e non, adulti e bambini.
Particolare e significativo è l’incontro/scontro fra pittori Greci e Cinesi  Una parete resa uno specchio grazie al lavoro dei pittori cinesi, una parete che riflette quel gioco di luci e colori dei pittori greci, una parete che diventa specchio di qualcosa, della parte più misteriosa dell’uomo, l’anima.
Il linguaggio è sublime e contemporaneamente comprensibile, la storia affascinante e coinvolgente, bè cosa dire, buona lettura!

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E vittoria fu per lui il rosso campo della splendente Luna.

scortato da un derviscio e con il lupo al fianco Cicalazadè raggiunse la spiaggia. Alzò lo sguardo, e la luna, in cielo, tra le stelle di Iskandria, lo marchiò di amore spietato.
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Fu all'ora di mezzogiorno che la Favorita, la nave ammiraglia dei cantieri Cicala, entrò in porto. Abbandonate nelle schiume le rabbiose spire di Scilla e le squame di Cariddi, si guadagnò la rada.
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Il ragazzo fu incatenato. Affrontò il mare legato all'albero maestro. E così la trappola fu serrata intorno al lupo. Conobbe il vento, il sole e il sale.
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Fatto fu che la pioggia cadde come una benedizione. Gli custodì il pianto. Lo fece pulito e lo consegnò allo sguardo del carcieriere nell'inappuntabile dignità del lupo fatto galeotto, raggiante di sconfitta eppure serio come la madre avrebbe voluto forgiarlo in quell'istante.
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Arrivò il racconto di rapine e vendette, di sangue e di spavento, arrivò fama di un figlio forgiato in guerra.
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Come una lama, dalla movenza simile a una scimitarra, gli aveva inciso nella carne l'atteso sigillo di una vita.

Da dove nasce l’idea di raccontare le gesta di Sinan Pascià?


“Nasce dal fatto che mi sono imbattuto in questa storia bellissima, una storia vera che non era più riemersa. Mi sono stupito nel trovare una storia così bella. Ho collezionato la documentazione, il materiale, le testimonianze, la sterminata bibliografia che me l’ha restituito nella sua interezza e a fine lavoro ho avuto anche la sorpresa di trovare una bellissima canzone Sinan Capudan Pascià che Fabrizio De Andrè dedicò a Scipione Cicala nel suo album in lingua genovese.”

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