sabato 22 novembre 2003

Pinocchio in giro per il mondo



 
La prima volta che lessi la fiaba di Pinocchio avevo circa sette anni: le avventure del burattino che, alla fine, diventa un bambino in carne ed ossa mi entusiasmarono e commossero, per quanto Pinocchio non occupò mai un posto speciale nel mio cuore e non diventò una delle mie fiabe preferite. Il motivo sta forse nel fatto che la mia condotta di bambina ubbidiente e diligente mi ha sempre fatto prendere un po’ le distanze dal carattere ribelle del burattino di legno in cui, ovviamente, mi è stato piuttosto difficile identificarmi. Ho sempre preferito, infatti, le fiabe di Cenerentola, Biancaneve e la Bella Addormentata nel bosco, per citare le più celebri, mentre persino Cappuccetto Rosso, per esempio, che si caccia nei guai per non aver ascoltato i consigli della mamma, non ha mai suscitato, al pari di Pinocchio, la mia particolare simpatia. Eppure, con il passare del tempo, non ho solo imparato ad apprezzare sempre di più questa storia avvincente e appassionante, ma ne ho scoperto vari aspetti nuovi ed interessanti.
Nel 1887 Carlo Lorenzini, in arte Collodi, pubblicò, ormai più che cinquantenne, un libro per bambini dal titolo “Giannettino. Libro per ragazzi”, che aveva per protagonista un bambino vivace e birichino. Il successo di questo libro spinse Collodi a continuare sulla stessa strada pubblicando “Minuzzolo”, un altro libro per l’infanzia con protagonista un amico di Giannettino. Furono queste le premesse letterarie sulle quali, a partire dal 1880, Carlo Collodi incominciò a scrivere una storia a puntate su una rivista infantile che narrava le avventure di un burattino di nome Pinocchio, il cui nome, pare, derivi dalla “Fonte di Pinocchio”, situata a Colle Val d’Elsa, il paese in cui Lorenzini studiò. Tre anni più tardi,
esattamente nel febbraio del 1883, con il testo riveduto e una nuova divisione in capitoli, uscì il libro “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” che varcò ben presto i confini del nostro paese, facendo letteralmente il giro del mondo.
Eppure, definire Pinocchio semplicemente una fiaba sembra alquanto riduttivo e limitante.
Si tratta, infatti, di una storia che può essere letta in tante chiavi diverse in cui, oltre all’intento prettamente pedagogico, si riscontrano riferimenti biblici ( Giona nella balena ), storici ( le vicende si svolgono con molta probabilità all’epoca del Granducato di Toscana ), del folclore ( il teatro delle marionette di Mangiafuoco ), della tradizione teatrale ( il burattino deriva da un personaggio della commedia dell’arte del XVII secolo ), favolistica ( il gatto e la volpe, il grillo, la fatina sono, per esempio, personaggi tipici delle favole classiche ) e satirici (non mancano critiche all’inadeguatezza dell’istruzione e soprattutto all’amministrazione della giustizia ).
Questa “fiaba”, dunque, che sembra in realtà vestire i panni di un vero e proprio romanzo d’avventure e può vantare ben 240 traduzioni, ha riscosso un successo straordinario in ogni paese del mondo, pur scontrandosi con culture e mentalità diverse, che hanno spesso indotto i traduttori, loro malgrado, a modificarla e adattarla alle esigenze dei bambini del luogo. Non si possono negare, però, anche le difficoltà incontrate dai traduttori stessi nel rendere espressioni, nomi e soprannomi tipicamente italiani, che nella loro lingua si rivelavano praticamente intraducibili.
In Germania, per esempio, dove il libro ha avuto ben trentotto traduzioni, l’impatto con il personaggio di Pinocchio, per quanto sia avvenuto più di venti anni dopo la pubblicazione del libro in Italia, non è stato dei migliori: le sue caratteristiche si scontravano con il clima della letteratura infantile tedesca dell’epoca, molto più intrisa di patriottismo e religiosità, e lo stile spesso ironico dell’autore era troppo distante dallo spirito tedesco di quel tempo. Di conseguenza, soprattutto nelle sue prime traduzioni, l’originale di Collodi ha subìto adattamenti e rivisitazioni che l’hanno privato inevitabilmente di molti dei suoi significati.
In Inghilterra, negli Stati Uniti e, in generale, nei paesi anglofoni, Pinocchio ha vissuto sorti diverse. Mentre in Inghilterra le traduzioni del testo collodiano sembrano essere rimaste per lo più fedeli all’originale, negli Stati Uniti, invece, sono state molto più libere, cercando di adeguare aspetti e caratteristiche tipicamente italiane alla realtà e alla geografia dei bambini americani, ma impedendo, in questo modo, una completa comprensione dell’originale italiano.
Sarà poi il film di Walt Disney, per quanto non completamente aderente al libro, a proporre e a far conoscere a tutti i bambini del mondo un Pinocchio comunque più vicino a quello creato da Collodi.
Curioso, invece, è il caso della Grecia in cui, durante la seconda guerra mondiale, un professore della scuola italiana di Salonicco, a causa della scarsità di libri di testo, usò questo libro per insegnare la lingua italiana ai suoi allievi, e con enorme successo.
Anche in Francia, dove è stato tradotto per la prima volta nel 1902, l’interesse per Pinocchio è cresciuto sempre di più nel tempo, dando vita a numerose versioni illustrate persino da celebri artisti.
In particolare tra il 1911 e la seconda guerra mondiale, sono apparse traduzioni del libro in tutte le lingue europee nonché in diverse lingue asiatiche e africane, che hanno consacrato Pinocchio come la fiaba più letta nel mondo.
Un caso particolarmente interessante, inoltre, è rappresentato dalla
Russia dove, nonostante la fiaba di Collodi sia stata tradotta più volte e con titoli diversi, il personaggio di Pinocchio ha dato lo spunto allo scrittore Aleksej Tolstoj per un’altra storia, pubblicata nel 1936 con il titolo di “La piccola chiave d’oro o le avventure di Buratino” (con una sola “t”! ), che venne poi, a sua volta, tradotta in italiano con il titolo di “Il compagno Pinocchio”. L’inizio della vicenda è pressoché lo stesso di quello di Collodi, anche se papà Geppetto qui si chiama papà Carlo. Il fulcro delle avventure del burattino di Tolstoj, però, è la sua lotta contro Karabas Barabas, il padrone del teatro delle marionette che, grazie all’aiuto di Pinocchio e di una chiave regalatagli da una tartaruga, che l’aveva trovata in fondo a uno stagno, riescono a liberarsi dal loro padrone. La piccola chiave d’oro, infatti, darà loro l’accesso a un teatrino magico in cui potranno finalmente esibirsi da sole.
Il personaggio di Aleksej Tolstoj è allegro, generoso, sincero, deciso, amante dell’avventura, anche se troppo ingenuo e sprovveduto, ma alla fine della vicenda non subisce nessun cambiamento e rimane per sempre un burattino. Mescolando, quindi, tratti del Pinocchio di Collodi con aspetti tipici del folclore russo e del teatro delle marionette, Tolstoj è riuscito a creare un personaggio nuovo e alternativo al nostro Pinocchio nazionale.
Collodi, dunque, non solo ha regalato al mondo intero un personaggio originale e universale, ma è riuscito a compiere un’impresa straordinaria e forse unica: ha fornito lo stimolo e l’ispirazione per la creazione di altri personaggi che, come Pinocchio, hanno affascinato e continuano ad affascinare intere generazioni di bambini.

di Elvira Apone  

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