lunedì 9 aprile 2012

Riflessi di scrittura 2012 - Ancora una volta, guardò il mare dalla finestra

Ancora una volta, guardò il mare dalla finestra.

La mansarda era fredda, ma questo l'aiutava a non addormentarsi. Aveva la certezza che sarebbero arrivati dalla spiaggia, in perfetto silenzio. Ma non aveva alcuna intenzione di farsi sorprendere nel sonno.
Era ingiusto che tutto finisse così. Si fece l'ennesimo esame di coscienza, ma come sempre si diede l'assoluzione. Quello del genitore è l'unico mestiere che non si impara mai: aveva fatto del suo meglio per inculcare al figlio dei principi, un codice morale, ma da tempo era evidente che aveva fallito, nel più ironico e terribile dei modi.
Negli ultimi sei mesi aveva cercato in ogni modo di rinviare quell'incontro che, lo sapeva, sarebbe stato l'ultimo. Ma ormai la stanchezza aveva preso il sopravvento. Impossibile fuggire ancora. Rabbrividì.
Avrebbe certamente riconosciuto la sua sagoma, anche al buio, fra quelle dei suoi "colleghi".
L'arma rischiò di scivolargli a terra. Aveva le mani sudate. Se le asciugò sulla camicia, una alla volta.

L’edificio a strapiombo sul mare, era immerso in una folta vegetazione che lo incorniciava in uno scenario fiabesco. Una stradina tortuosa lo collegava alla piccola mezzaluna di sabbia incastonata tra le rocce.

Per quanto avesse paura, doveva rivederlo: da mesi ormai viaggiava come un sorcio nell’oscurità delle fogne. Era stanco.
Una sagoma scura comparve all’orizzonte, leggera e silenziosa, immobile e terribile. Jean mise la sciabola, inutile contro le armi da fuoco, nel fodero. Sarebbe andato incontro alla morte, senza esitazione, fin quando un proiettile non si sarebbe conficcato nel suo petto segnato da numerose cicatrici.
Pirata si nasce e pirata si muore. Lui era stato un gran pirata, la sua fama aveva solcato molti mari, passando di bocca in bocca, di nave in nave. Si diceva che le sue gesta fossero conosciute persino a Cuba, a migliaia di leghe da lì. Posò nuovamente lo sguardo sulla spiaggia: il vascello era lì, vicino alla riva. Ombra rassicurante per l’equipaggio, terribile per lui.
Sorrise amaramente. La lotta tra corsari e soldati era storica. Mai un capitano di un veliero si sarebbe aspettato di avere un generale d’esercito come primogenito. Un brutto scherzo del destino, che ora li faceva rincontrare, mettendo a confronto due realtà inconciliabili.
Si calcò il cappello in testa e fece scivolare lentamente i polpastrelli sul tessuto nero. Ora che la tensione cominciava a salire, capì di avere paura, maledettamente paura. Aprì l’ultima porta che lo divideva dal mondo esterno. Il legno scricchiolò sotto il tocco insicuro delle sue dita. Attese.
Non aveva paura della morte, ma di suo figlio. Di vedere cos’era diventato sotto la sua uniforme ben curata, di sentire le parole uscire da quella bocca incorniciata da piccoli baffi d’ebano.
“Buonasera padre, mi dispiace doverti incontrare dopo così tanto tempo in questo modo.”
Jean guardò il venticinquenne dritto avanti a lui, il suo James.
“Vi ho sempre ammirato, padre. A vostro modo, siete stato un uomo d’onore. Nessun ucciso, solo prigionieri, possibilità di riscattarsi. Sfortunatamente per voi però, le razzie, sebbene a danno dei ricchi, sono pur sempre razzie. La legge non ammette seconde possibilità.”
“A mio modo, ti ho insegnato a combattere sempre per ciò che si crede fino alla fine.”  
“Io credo nella giustizia, padre, da quando mi sono arruolato.”
“Tu esegui solo ordini di un despota. Non li condividi.”
“Non è così.”
“Allora fa’ ciò che devi fare.”
In un attimo riecheggiò un rumore metallico. Solo in quel momento Jean notò il soldato semplice che osservava la scena, confuso nell’ombra, con il fucile imbracciato.
“Padre, inginocchiatevi.”
Lentamente il corsaro si mise in ginocchio, attendendo la sua fine.
James appoggiò la pistola alla nuca del capitano.
“Mi dispiace.” Disse.
“La legge non ammette seconde possibilità.” Rispose con una punta d’amarezza l’uomo.
Il ragazzo tolse la sicura, la mano tremava.
Sparò.
Un corpo esanime crollò sull’erba scura macchiandola di sangue, il moschetto ancora stretto nelle mani.
“Datemi i vostri vestiti e sparite. Li metterò al soldato e lo butterò dalla scogliera. Per quando le onde lo riporteranno a riva, il suo volto sarà ormai sfigurato e impossibile da riconoscere.”
“James…”
“Andate, a volte la propria causa non coincide con ciò che detta la legge.”
Jean tacque. Lo abbracciò e scambiò i suoi abiti con quelli dell’uomo, in silenzio.
“Vi voglio bene.” Mormorò il giovane.
Il capitano gli sorrise per l’ultima volta, inoltrandosi nella vegetazione verso una meta ancora sconosciuta, fiero di suo figlio.

di Carlotta Bertola del Liceo scientifico “Calzecchi-Onesti” di Fermo.
Racconto vincitore del premio della Giuria degli Scrittori 

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