giovedì 23 febbraio 2012

Raffaella Milandri in viaggio tra libertà e condivisione con gli ultimi

Strade diverse: Raffaella Milandri in viaggio tra libertà e condivisione con gli ultimi



Raffaella Milandri decide nel 2004 di dare spazio al suo desiderio profondo di libertà e di un rapporto più radicale col proprio tempo e la propria esistenza. Parte quindi per viaggi in solitaria che la porteranno in diverse parti del mondo. E' un desiderio che tutti abbiamo provato. Che possa esistere un'altra vita e un noi stessi differente che nell'incontro con ciò che è diverso dalle consuetudini quotidiane, dal dover essere che spesso ci paralizza, sia in grado di provocare comportamenti alternativi facendoci scoprire chi siamo davvero e sperimentare quali possibilità potrebbero aprirsi per una esistenza più intensa e autentica. E' una strada che Raffaella Milandri ha trovato il coraggio e l'entusiasmo di intraprendere e che percorre, non solo in senso metaforico dato che è oggi una viaggiatrice in solitaria, da qualche anno.Impegnata in un lavoro che rappresenta l'essenza del nostro tempo e della cultura economica occidentale, è stata direttore ommerciale e amministratrice in diverse piccole aziende, decide nel 2004 di dare spazio al suo desiderio profondo di libertà e di un rapporto più radicale col proprio tempo e la propria esistenza. Un anno sabbatico in cui provare a cambiare vita. Parte quindi per viaggi in solitaria che la porteranno in diverse parti del mondo a bordo di un fuoristrada in compagnia della sua macchina fotografica.
Oggi Raffaella è in partenza per il suo ennesimo viaggio. E' al telefono intenta a definirne le condizioni cercando di risolvere le questioni burocratiche relative al visto di ingresso e alla sicurezza. Le sue destinazioni sono sempre zone del mondo estranee al normale circuito turistico per cui alcune cautele sono necessarie.

Più il richiamo dell'avventura o più la passione per la fotografia ti hanno spinta a cambiare vita?

Soprattutto il desiderio di mettermi alla prova, dicendomi "fino a che punto posso arrivare?", "quante vite posso vivere nella stessa vita?". Credo sia un interrogativo che esiste per tutti noi, ma che spesso si decide di non affrontare o di affrontare in modo più soft, più tranquillo magari dedicandosi ad altre attività sotto forma di hobby, di sport più o meno estremi... La passione per la fotografia è arrivata dopo....un mezzo per comunicare e sensibilizzare nei confronti delle realtà con le quali venivo in contatto.
E' differente però scegliere di affrontarsi attraverso la solitudine, misurarsi con spazi diversi e lontani dal quotidiano, avere solo se stessi come riferimento...
Devo dire che il lato positivo è che se sbagli sei molto più indulgente con te stessa, non c'è nessuno a giudicarti ed è una bella sensazione dato che invece del giudizio degli altri spesso siamo quasi prigionieri.... Ti riesce anche molto più semplice prendere decisioni, capire ed avere chiaro ciò che devi fare. Questo senso di libertà e solitidine, di responsabilità verso se stessi è molto appagante e rasserenante in fondo...una grande rivelazione.

A quando risale il tuo primo viaggio?

Avevo già fatto viaggi molto meno impegnativi più o meno con mete lontane ma... un po' come oggi fanno tutti. Il primo viaggio in solitaria in una zona abbastanza difficile risale al 2004 ed è stato in Australia. Ho viaggiato per sei mesi e percorso alcuni tra i territori più difficili (Darwin, Kimberly) su strade completamente deserte in cui per centinaia kilometri non incontri nessuno e in cui devi aver previsto tutte le necessità sei vuoi evitare rischi....perchè ti capita magari di ritrovarti una sera nel buio più assoluto a fare una telefonata da una cabina telefonica sperduta nel nulla ascoltando con un po' di sgomento l'abbaiare dei djngo... In Australia ho incontrato gli aborigeni. Avevo già avuto un'esperienza con i nativi americani e successivamente l'ho avuta con i boscimani africani. Sono popoli oggetto di prevaricazioni e violenze inaudite, privati dei più elementari diritti, costretti ad un' occidentalizzazione forzata e innaturale, considerati come un rifiuto di cui disfarsi o da nascondere...Per me incontrarli è stata un'occasione fondamentale che mi ha fornito un ribaltamento di visuale di cui oggi non saprei fare a meno. Con questi popoli sono riuscita ad entrare in relazione, a farmi capire e a capire la loro condizione al di là delle davvero abissali differenze culturali. Credo sia un'esperienza da cui trarre reciprocamente aiuto: noi occidentali per spogliarci dell'atteggiamento da "predatori" che abbiamo nei confronti delle risorse naturali e dei nostri simili considerati invece dai popoli indigeni come beni di grandissimo valore cui portare rispetto. Loro per essere aiutati a non scomparire insieme alla straordinaria ricchezza emotiva e spirituale di cui le loro culture sono portatrici.

C'è un episodio che ti ha messo più di altri in contatto con l'esperienza del pericolo e del limite?

E' stato durante il viaggio in Alaska oltre il Circolo Polare artico, quando ho perduto il mio fuoristrada e, insomma, me la sono vista male... In estate il permafrost, che in quei luoghi ricopre i terreni, è di consistenza molto cedevole, una specie di sabbie mobili, soprattutto sui letti dei fiumi. Percorrendone appunto uno mi sono ritrovata a sprofondare con l'acqua che ha iniziato ad entrare nell'auto. La prima reazione è stata di incredulità poi ho avuto davvero paura. Ho cercato di attuare col fuoristrada le manovre opportune per disincastrarmi poi sono dovuta uscire dal finestrino, saltare sul cofano e poi sul terreno... cercando tra l'altro, di bagnarmi il meno possibile perché lì in estate la temperatura arriva a zero gradi e bagnarmi avrebbe significato rischiare di morire assiderata... Poi mi sono incamminata nella tundra dove c'erano da percorrere a piedi centinaia di chilometri per arrivare all'oceano artico. Ho camminato per due o tre ore tenendo a riferimento delle collinette e sono riuscita ad arrivare ad una strada principale. In queste condizioni scatta in te qualcosa di ancestrale che la nostra comoda vita occidentale purtroppo non ci abitua ad allenare, e senti in te stessa attivarsi tutti i sensi e le capacità di percezione. Fortunatamente avevo il tronco asciutto, ma le gambe cominciavano a dare segni di ipotermia...allora mi autoincoraggiavo parlando da sola, invitandomi a camminare, ad andare avanti... Non so come infine sono arrivata su questa strada provinciale sulla quale, dopo un po', sono arrivati dei cacciatori che mi hanno portato in un campo petrolifero dove mi hanno rifocillato. Poi è arrivato uno sceriffo donna che mi ha squadrato un po', ha verificato che non avessi bevuto e...insomma mi ha definito una donna italiana un po' selvaggia. E' finita bene per fortuna, con qualche foto ricordo e la considerazione che non sono stata attaccata dai lupi solo grazie al mio allarme antistupro che, contrariamente a ciò che pensavo, e cioè che potesse attirarli, li aveva tenuti lontani. Il fuoristrada è ancora lì incastrato nel ghiaccio: non è stato possibile tirarlo fuori... a futura memoria.

Ti finanzi da sola per i tuoi viaggi o lavori per delle agenzie: scegli sempre e solo tu dove andare?

Ho sempre avuto un lavoro "normale" come consulente commerciale facendo, solo successivamente ai primi viaggi, la scelta di lavorare in modo autonomo invece che alle dipendenze. Quindi lavorando per conto mio oggi riesco a prendermi il tempo per i miei viaggi.Ci tengo a tenere separate le due cose: il lavoro e i viaggi. I viaggi e la fotografia non sono un lavoro e non servono per procurarmi il necessario per vivere. Lo scopo principale è quello umanitario nel perseguire il quale non voglio essere condizionata. Se diventasse un lavoro verrebbe meno la mia libertà e anche il rapporto con le realtà locali che incontro, che, essendo da sola, sono più disposte ad accettarmi come persona e a non nutrire diffidenza. Sarebbe diverso se mi recassi in questi luoghi con una troupe e più persone al seguito: sicuramente l'efficacia di un incontro autentico ne sarebbe condizionata

Quali sono i temi che ti stanno particolarmente a cuore e sui quali tenti di sensibilizzare le persone con le tue foto?

Mi interessa conoscere e far conoscere la realtà di molte popolazioni indigene di vari luoghi del mondo. Spesso sono realtà drammatiche in cui l'esistenza acquista davvero un senso completamente diverso dalla nostra edonistica visione occidentale. Stamattina acquistando una chiavetta USB per accedere a Internet, mi sono trovata a riflettere sul fatto che l'equivalente in denaro avrebbe consentito la sopravvivenza di una famiglia media indiana (in zone rurali) per tre mesi.... Noi occidentali spesso non ci rendiamo conto di queste profonde differenze di visuale e ci rechiamo in quei luoghi senza tener conto dell'esistenza e del modo di pensare di quelle popolazioni...vorrei fare un appello a tutti i turisti e a tutti i fotografi che si recano in questi luoghi. Quello di cercare, come io cerco sempre per quanto mi è possibile di fare, di mantenere una certa sensibilità nell'approccio. Cerco di evitare per quanto possibile di evidenziare le differenze e di tenere un profilo molto basso per entrare in un'empatia e in una comunicazione autentiche. In molte di queste zone il turismo non è altro che un'istigazione all'accattonaggio in cui dare denaro è un gesto fatto senza alcun senso che non fa che trasformare in non-senso anche la vita di queste persone.
Mi interessano in fondo tutti i grandi temi che interrogano oggi l'umanità: la povertà di una parte consistente del mondo a fronte della smodata e inutile ricchezza dell'altra parte e, in questo contesto generale, i problemi più specifici, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei bambini privati in molti luoghi del mondo di dignità e diritti, la condizione femminile, così estrema nei luoghi dell'Asia e dell'Africa in cui nascere donna rappresenta davvero l'esordio di una vita di sottomissione e ingiustizia senza alternative; il problema della sopravvivenza delle culture indigene... in fondo ci preoccupiamo, giustamente, dell'estinzione degli animali, ma sembriamo quasi meno sensibili verso la scomparsa di culture ancestrali che nessuno ci ridarà mai più .....

Il linguaggio è mai stato un problema?
Se le persone con le quali vieni in contatto non si esprimono in inglese come riesci a comunicare con loro?

C'è un linguaggio del corpo e del viso che è immancabilmente sempre efficace. No, non ho mai avuto questo genere di problemi... un sorriso, uno sguardo, un gesto spesso sanno dire più di molti discorsi. Direi che non è proprio mai stato un problema, anche se in Tibet ho tentato di imparare il cinese purtroppo senza molto successo.

Qual è il tuo rapporto con l'immagine fissata sulla carta o sullo schermo? Quanto ritieni ci sia di te e quanto della realtà che ti ha incontrata?

La macchina fotografica è stata una forma di "compagnia" nella solitidine. Un terzo occhio, un modo per comunicare, per trasformare ciò che vedi e che senti in un'immagine da trasmettere poi agli altri. La solitudine aiuta ad usare meglio la macchina fotografica. Ti insegna ad aspettare, a prenderti il tempo per fissare un momento e un luogo particolare... il bambino che si affaccia ad una finestra o l'espressione più efficace di un volto, senza inquinare troppo la scena. Questo sarebbe impossibile se si fosse in più persone... io alla fine riesco da sola a scomparire da un luogo ad essere cioè meno evidente ed invasiva... dopo un po' di me ci si può dimenticare..

Internet, la rete, Facebook questi strumenti offrono opportunità nuove di comunicazione e condivisione rapide.Secondo te, che le usi, ad esempio trasmettendo in diretta su facebook, possono nascondere rischi di banalizzazione dei contenuti e trasformare le notizie in oggetto di consumo più che in occasione di consapevolezza?

Ho fatto finora solo due viaggi in diretta su Fb su cui mi hanno seguito alcune centinaia di persone. Ora chi è interessato sa quello che io propongo e mi segue se ritiene di interesse ciò che sto cercando di fare. Comunque ritengo i social network un buon mezzo di diffusione e di contatto delle persone con certe realtà che non tutti possono arrivare a guardare direttamente coi propri occhi. Certo è importante da parte mia mantenere verso i miei contatti una certa coerenza e non inquinare i miei contenuti con l'inevitabile mole di sciocchezze che capita di trovare su Fb.Mi è capitato anzi di incontrare persone molto interessanti, con cui ho condiviso veramente i miei obiettivi e con cui ho trovato una sorprendente affinità.
Sarò su Fb anche in questo viaggio in India...

Sogni nel cassetto....

Ogni viaggio in realtà è un sogno che si realizza... Il desiderio più grande oggi è costituire un'associazione che si occupi in particolare dei popoli indigeni perché ho "sentito" dal vivo l'ingiustizia di cui sono vittime e vorrei concretizzare in modo più incisivo il mio impegno.
Oggi non esiste neppure un censimento completo di queste popolazioni... vengono perseguitate, non godono dei diritti politici, si tenta di integrarle violentando le loro tradizioni e la loro cultura... sento che il mio impegno oggi deve andare in questa direzione. Voglio catturare l'attenzione delle persone su questi temi attraverso le immagini. In fondo è di immagini che la nostra società si nutre quotidianamente, immagini che però diano conto del rovescio della medaglia, non della vanità dell'apparire, ma della drammaticità dell'essere.

di Maria Teresa Rosini

http://www.ilquotidiano.it/articoli/2010/05/22/104596/strade-diverse-raffaella-milandri-in-viaggio-tra-liberta-e-condivisione-con-gli-ultimi

http://www.ilquotidiano.it/articoli/2010/07/15/105692/raffaella-milandri-immagini-e-racconti-dalle-popolazioni-indigene-dellindia

http://www.ilquotidiano.it/articoli/2010/11/19/107498/la-lenta-riconquista-degli-indiani-damerica

http://www.ilquotidiano.it/articoli/2011/01/05/108271/noi-e-i-popoli-indigeni-scomode-verita-nel-tempo-della-globalizzazione

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