Carlo Bo (Sestri Levante, 25 gennaio 1911) nei primi anni Trenta, nel clima incipiente della dittatura fascista, giunto a Firenze per conoscere Giovanni Papini (il maggiore scrittore del tempo), iscrittosi alla Facoltà di Lettere di Piazza San Marco, conosce Piero Bargellini il quale comprende subito le sue qualità umane e letterarie e lo indirizza verso la critica letteraria. Con Nicola Lisi e Carlo Betocchi, gli scrittori del “Frontespizio” (la più nota e diffusa rivista di quegli anni), si verranno a creare un clima umano e un’amicizia per Bo indimenticabili (“si distinguevano soprattutto per il grande senso di umanità e di amicizia che avevano. Cosa che poi non ho più ritrovato” Carlo Bo).
Egli
dà vita con alcuni amici universitari
(Mario Luzi, Leone Traverso, Piero Bigongiari,
Alessandro
Parronchi, Oreste Macrì) a un sodalizio di giovani poeti e scrittori che si
ispirano alla poesia simbolista europea. I loro poeti di riferimento: Giuseppe
Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Clemente Rebora e Dino
Campana.

“E’ stato un momento – peraltro molto vivo e
intelligente – della poesia e della letteratura del Novecento. […] La poesia
rappresentava l’unica lingua di questa nuova tribù.” (Carlo Bo)
A quel nucleo di giovani e all’incipiente
“movimento ermetico” (a cui si sentono uniti per ragioni poetiche ed
esistenziali, Vittorio Sereni e Giancarlo Vigorelli, dalla Lombardia) sono più
o meno collegati, a Firenze – per interessi e letture comuni, affinità, o anche
per semplice amicizia – quelli che saranno i maggiori scrittori del tempo: Elio
Vittorini, Vasco Pratolini, Romano Bilenchi, Tommaso Landolfi, Alfonso Gatto,
Antonio Delfini, Carlo Emilio Gadda (e illustri “colleghi” stranieri di
passaggio a Firenze: “Tutti sono stati a Firenze, o ci sono passati o vi hanno
idealmente scritto.” Carlo Bo).
Altri poeti del Novecento, coevi a questa
generazione, saranno più o meno coinvolti nel confronto serrato con i temi
esistenziali della “nuova poesia”: Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Libero
De Libero, Sergio Solmi, Leonardo Sinisgalli, Sandro Penna.
Le prime importanti scoperte e letture, cui
seguono le prime traduzioni, dei grandi poeti e scrittori – francesi, spagnoli,
inglesi, tedeschi, russi, americani – avvengono in un clima crescente di
discussione e confronto, quasi sempre al Caffè delle Giubbe Rosse, o nelle
diverse trattorie e caffè di Firenze.
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Montale e Vittorini al caffè delle Giubbe Rosse |
La Francia, in particolare, è la principale
e comune fonte d’ispirazione – una sorta di “terra promessa” – per le acute e
profonde riflessioni, da cui ha origine la sterminata
produzione
letteraria di quegli anni: poesie, prose, racconti, romanzi, traduzioni, saggi,
antologie, pagine di critica letteraria, articoli di giornale.
Carlo Bo, nel 1938, incoraggiato da Piero
Bargellini a riflettere sui giusti rapporti fra Vita e letteratura (il libro di Charles du Bos di quegli anni), è
autore del saggio “Letteratura come vita”, considerato il manifesto
dell’Ermetismo.
Primo traduttore delle poesie di Federico
Garcìa Lorca, dei lirici spagnoli e francesi, nell’ottobre del 1938 è
all’Università di Urbino incaricato di Lingua e letteratura francese e di
Lingua e letteratura spagnola (è Piero Bargellini a indicare a Bo, la cattedra
a lui destinata).
Tra i saggi più importanti: Otto studi (1939), Bilancio del Surrealismo (1944), L’assenza, la poesia
(1945), Mallarmé (1945).
Dopo la collaborazione negli anni di guerra
a “La Nazione”, il giornalismo di Bo, a
partire dal ’45, si estende alle
maggiori testate italiane del dopoguerra: “Milano-Sera”, “Il Nuovo Corriere”,
“Il Corriere di Milano”, “L’Europeo”, “La Stampa”, “Il Resto del Carlino”, “Il
Sabato”, “Gente”, “Il Corriere della Sera”.
Impossibile enumerare o soltanto citare le
introduzioni, recensioni, segnalazioni critiche, prefazioni, e le riviste a cui
ha collaborato dal ’45 all’anno 2001.
Nel dopoguerra la produzione saggistica è
continua e incessante: Inchiesta sul
Neorealismo (1951), Della lettura e
altri saggi (1953), Riflessioni
critiche (1953), L’eredità di Leopardi e altri saggi (1957), La religione di Serra, saggi e note di
lettura (1967).
Accanto alla critica letteraria, nasce in Bo
quell’attenzione e quella analisi dei fatti quotidiani che lo rende acuto
osservatore e critico dei costumi e delle tendenze nel rapido susseguirsi delle
diverse stagioni. La riflessione morale e religiosa è condensata in diverse
raccolte di saggi: Scandalo della
speranza (1957), Siamo ancora
cristiani? (1964), Sulle tracce del
Dio nascosto (1984), Solitudine e
carità (1985).
Eletto Rettore dell’Università di Urbino nel
marzo del ’47, nel volgere di un decennio trasforma un piccolo Ateneo di
provincia in un centro di studi internazionale (verranno chiamati ad insegnarvi
insigni personalità del diritto, della scienza e degli studi umanistici, fra cui “i vecchi amici”, Traverso, Luzi e
Parronchi).
Dal tempo della guerra scandisce la
settimana, pendolare in treno fra Milano e Urbino, e le diverse città che lo
richiedono per celebrazioni, convegni, conferenze, premi letterari ed eventi
pubblici (culturali, sociali e politici).
La sua esperienza di “timoniere” dell’Ateneo
urbinate costituisce un primato assoluto: è Rettore Magnifico dal ‘47 ininterrottamente, fino
alla sua morte, avvenuta a Genova il 21 agosto 2001.
Nel luglio 1984 il Presidente della
Repubblica Sandro Pertini lo nomina Senatore a vita “per alti meriti culturali”
ma anche per il suo impegno civile e politico.
Il suo
“magistero culturale” – nel corso dei
vari decenni – non ha avuto limiti: critico letterario, docente universitario,
giornalista, rettore, commentatore e notista politico, religioso e di costume,
presidente di giuria di premi letterari, umanista, senatore della
Repubblica.
Carlo Bo è uno dei lettori – di libri, di
uomini e di avvenimenti – più assidui, acuti e profondi del Novecento è “il
personaggio corale” per antonomasia.
di Giorgio Tabanelli
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