Circolo Nautico di San Benedetto del Tronto
Paolo di Paolo
presenta il suo libro
Mandami tanta vita
conversa con l' autore
Filippo Massacci
“È così, monsieur, è vero? Potrebbe chiederlo al tassista. Potrebbe aprire il finestrino e domandarlo ai passanti, gridare: le idee, almeno le idee, ci sopravvivono?”
Moraldo, arrivato a Torino per una sessione d’esami, scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto. Mentre fatica sui testi di filosofia e disegna caricature, coltiva la sua ammirazione per un coetaneo di nome Piero. Alto, magro, occhiali da miope, a soli ventiquattro anni Piero ha già fondato riviste, una casa editrice, e combatte con lucidità la deriva autoritaria del Paese. Sono i giorni di carnevale del 1926. Moraldo spia Piero, vorrebbe incontrarlo, imitarlo, farselo amico, ma ogni tentativo fallisce. Nel frattempo ritrova la valigia smarrita, ed è conquistato da Carlotta, una fotografa di strada disinvolta e imprendibile in partenza per Parigi. Anche Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala. E Moraldo? Anche lui, inseguendo Carlotta, sta per raggiungere Parigi. L’amore, le aspirazioni, la tensione verso il futuro: tutto si leva in volo come le mongolfiere sopra la Senna. Che risposte deve aspettarsi? Sono Carlotta e Piero, le sue risposte? O tutto è solo un’illusione della giovinezza? Paolo Di Paolo, evocando un protagonista del nostro Novecento, scrive un romanzo appassionato e commosso sull’incanto, la fatica, il rischio di essere giovani.
Paolo Di Paolo è nato nel 1983 a Roma. Nel 2003 entra in finale al Premio Campiello Giovani e, con i Nuovi cieli, nuove carte, al Premio Italo Calvino. È autore tra l’altro di Ogni viaggio è un romanzo (2007) e di Raccontami la notte in cui sono nato (2008). Per Feltrinelli ha pubblicato Dove eravate tutti (2011, Premio Mondello e Premio Vittorini) e, nella collana digitale Zoom, La miracolosa stranezza di essere vivi (2012).
racconti
"Fidarsi della prima impressione può portare fuori
strada. Comunque, per lui, era stata antipatia. Istintiva, quasi feroce. Si era
voltato, come tutti i presenti, per il chiacchiericcio insistente in fondo
all'aula. La lezione su Dante durava già da un'ora, la noia lievitava insieme
ai versi. L'impettito professore, con gli occhi fissi sul libro - la sagoma di
un'upupa, la testa stretta e un pennacchio di capelli bianchi- commentava
ostinato a voce bassa. gareggiando in monotonia con lo scroscio della pioggia.
Poi dev'essere caduto un libro a terra: il rumore ha spezzato di colpo la voce
e una terzina incomprensibile del Purgatorio. Allora l'upupa ha finalmente
alzato gli occhi piccoli come spilli, e li ha visti.
Un gruppo di tre o quattro seduti alle ultime file -
discutevano per fatti loro già da parecchio - aveva cominciato a sghignazzare.
Prego loro signori, ha scandito l'upupa ruotando il collo a scatti, verso
destra e poi verso sinistra, se non fossero interessati alla lezione, di volere
abbandonare l'aula. A questo punto il più smilzo - svettava per altezza, con
una nuvola di ricci chiari sulla testa - si è alzato di colpo, ha raccolto il
libro che poco prima aveva fatto cadere e l'ha infilato in una tasca già
sformata della giacca. Al collo portava una cravattina a nodo fisso e i polsini
di celluloide, sul naso un paio di occhiali tondi che in quella luce grigia
brillavano. Sulle labbra, un sorriso malizioso, quasi di scherno.
Illustre professore, ha spiegato, in verità si tratta
di un'azione di protesta contro la sua persona, oltre che del tentativo di
svegliare dal sonno la sua platea. Molti hanno nascosto le risate portandosi la
mano alla bocca. E' passato un interminabile minuto di silenzio. Il professore
guardava fisso davanti a sé, come raggelato. Ha aperto la bocca senza che ne
uscisse alcun suono. Poi le prime parole sono state Quasi smarrito. Cominciava
con questa ammissione la sua replica di protesta?
Nell'aula persisteva il silenzio assoluto, a cui
perfino la pioggia pareva essersi arresa. Quasi smarrito, ha ripetuto l'upupa,
ma non era altro che il seguito della terzina dantesca interrotta Quasi
smarrito, e riguardar le gentil/ che 'n Sennaàr con lui superbi fuoro. Superbi,
aveva detto? Una semplice coincidenza. ll terzina successiva il gruppo dei
provocatori aveva lasciato l'aula.
Moraldo era rimasto impressionato. La faccia di quel
giovane l'aveva indispettito e riempito- lo avrebbe ammesso a fatica, storcendo
la bocca- di curiosità. Quel tizio era antipatico, sì, inutile girarci intorno.
Sicuro di sé, sprezzante: un ragazzino pallido cresciuto troppo in fretta,
nervoso nei movimenti, il pomo d'Adamo sporgente. Avrebbe poi scoperto che lui
e il suo piccolo clan venivano dalla facoltà di Legge e che ogni tanto
passavano da Lettere come uditori. Lui, il capo, aveva appena fondato una
rivistina seriosa: ne aveva lasciata qualche copia sparsa sugli ultimi banchi.
Si dava un gran da fare tra conferenze, libri, discorsi di politica.
C'era chi li chiamava, lui e i suoi amici, l'Accademia dei Partiti."
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